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Commemorazione caduti in guerra

21 11 2013  - 

 Cari Concittadini, Spettabili Autorità,

come ogni anno in tutti i comuni d'Italia si rinnova la commemorazione dei soldati che hanno perso la vita in tutte le guerre, celebrando insieme la Festa dell'Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate.

Siccome gli avvenimenti, le violenze, le vicissitudini della Prima Guerra Mondiale si allontanano sempre di più dalla nostra esperienza di vita quotidiana, ci viene sempre più difficile ritrovare la giusta concentrazione per riflettere sul ruolo che hanno avuto quegli anni sulle nostre vite. Per questo motivo i discorsi delle autorità tendono spesso a prendere delle direzioni diverse, quasi a voler evitare il contenuto di questa giornata per considerarlo come un comodo contenitore buono per tutte le stagioni. E' stato negli anni uno strumento politico per schierarsi contro la guerra senza se e senza ma, è servito ad alcuni per sottolineare quanti suoi figli la Sardegna abbia sacrificato sull'altare di una Patria matrigna, altri ne hanno approfittato per esaltare a occhi chiusi quella che è stata un'immane tragedia. La verità è che quel conflitto fu tutto questo e spesso anche tutto il suo contrario. Mi è già capitato di sottolineare come anche un piccolo paese come Santa Giusta, situato ai limiti geografici dell'Italia, quasi immobile in una sua dimensione, quasi fuori dal tempo, fosse stato investito dalle conseguenze del conflitto mondiale, con nostri giovani uomini, poco più che ragazzini, strappati ad una vita che sembrava immutabile e portati lontano a combattere per delle ragioni che quasi sempre non comprendevano. Portati lontano per rimanerci anni, e spesso per non fare più ritorno.

E' vero, pochissimi tra questi soldati erano in grado di capire cause, dimensioni e conseguenze della guerra, quasi nessuno tra loro era mai uscito dal paese o dalla Sardegna, eppure il valore degli uomini emerse subito, e basta documentarsi sulle vicende che li videro protagonisti per restare ammirati dal coraggio e dal valore dimostrati. Nessuno sarebbe voluto partire, ma lo fecero. Nessuno avrebbe voluto combattere o uccidere, ma lo fecero. Le loro famiglie avevano sicuramente la morte nel cuore quando i figli partirono, ma allo stesso tempo il loro cuore era gonfio di orgoglio. L'eroismo ci fu, anche se dell'estremo sacrificio avrebbero fatto tutti volentieri a meno. L'anno scorso spesi qualche parola su Cesare Battisti, che visse quegli stessi anni come un patriota e fu impiccato dagli austriaci nel 1916.

Dove sono oggi il valore, l'onore, il merito, il coraggio? Intorno a noi esistono ancora? Riteniamo che non siano più necessari? Si intravedono ancora, in mezzo a tanta irresponsabilità, mediocrità, lamentosità, inefficienza, inciviltà, menefreghismo, egoismo? Una società in cui merito e valore non abbiano più posto, in cui non serva più insegnarli ai propri figli, si sta rivelando una società migliore?

Prendo in prestito un passaggio del discorso fatto da un mio collega sindaco di un paese della Barbagia, un sindaco donna, che ha detto: “Perché ci meravigliamo della guerra in Siria, della guerra in Palestina, della guerra in Afghanistan se nel nostro cuore non ci sentiamo in pace, se proviamo invidia per il fratello che ci siede accanto, se siamo pronti a diffondere calunnie e a calpestare chi non si è comportato secondo i nostri schemi? Se confondiamo i nostri interessi privati con gli interessi della comunità? Se pretendiamo di avere sempre ragione e non ci sorge il dubbio che forse possiamo anche sbagliare, se siamo seminatori di zizzania perché continuiamo a insinuare il dubbio con i classici "ho sentito" " mi hanno detto" che a volte vengono spacciati per verità?La pace dobbiamo costruirla prima di tutto dentro di noi, nelle nostre famiglie, nel vicinato, nella comunità. Dobbiamo partecipare e convincerci che la cosa pubblica è cosa di tutti e non cosa di nessuno. Dobbiamo abituarci a rinunciare a qualche nostro piccolo interesse a beneficio del bene collettivo”.

La Festa dell'Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate fu istituita nel 1919. Cento anni dopo l'Italia si trova ad attraversare una crisi profondissima. La Sardegna continua ad essere una terra baciata dalla bellezza eppure penalizzata dalla geografia, custode di tradizioni antichissime eppure disgregata gravemente nel tessuto sociale, noi sardi popolo orgoglioso ma troppo spesso incline ad aspettare che la soluzione la porti sempre qualcun altro, come conseguenza di una politica assistenzialista che ha prodotto una cultura deresponsabilizzante. Non parlo soltanto di aiuti e sussidi economici, trovare lavoro oggi è pressoché impossibile e noi che siamo a contatto con i cittadini tutti i giorni lo sappiamo molto bene, un lavoro poi che sia retribuito, umano e giusto sembra una chimera. Faccio riferimento alle parole della mia collega “La pace dobbiamo costruirla prima di tutto dentro di noi, nelle nostre famiglie, nel vicinato, nella comunità. Dobbiamo partecipare e convincerci che la cosa pubblica è cosa di tutti e non cosa di nessuno”.

Torniamo ad essere una comunità di doveri, ripartiamo da noi e dalle nostre famiglie, riappropriamoci di una dimensione sempre più degna e costruttiva: così facendo potremo porci anche davanti allo Stato non più come utenti tartassati o disoccupati assistiti, ma come cittadini civili e adulti, da cui i nostri figli possano imparare non arrendevolezza e paura, ma valore, coraggio, speranza, impegno, senso di responsabilità. Trovo particolarmente adeguata per una riflessione questa frase di John Kennedy che non a caso era la citazione più amata da Giovanni Falcone: “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”.

Due brevissime note in conclusione:

Nel celebrare la Giornata delle Forze Armate è doveroso ricordare che da circa due anni ormai due militari italiani sono prigionieri nelle carceri di uno stato estero. Finora tutti gli sforzi non sono stati sufficienti a risolvere la questione e riportarli a casa. Di loro non ci dimentichiamo.

Poi desidero ricordare insieme a voi tziu Ferdinandu, che è venuto a mancare quest'anno all'età di 92 anni. Il marinaio Ferdinando Cadoni, reduce della Seconda Guerra Mondiale, ha presenziato per decenni a questa commemorazione, descrivendoci gli avvenimenti più salienti della Prima Guerra Mondiale e recitando a memoria il Bollettino della Vittoria, così come prima di lui faceva suo padre, al quale era stata conferita l'onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto. Di tziu Ferdinandu ricordo l'attaccamento alle forze armate e il forte spirito patriottico.

Grazie a tutti.

Il Sindaco
Angelo Pinna