Romano
I Romani presero possesso della Sardegna nel 238 a.C., in seguito ad un trattato stipulato subito dopo la battaglia delle Isole Egadi (241 a.C.) tra Cartaginesi e Romani, conclusasi con la vittoria di questi ultimi.
I Cartaginesi, tra gli altri obblighi, assumevano l’impegno di cedere a Roma la Sicilia con le isole circostanti, tra cui la Sardegna.
Presso Othoca le truppe romane dovettero stabilire un campo militare che aveva la funzione di controllo sia degli abitanti della città, che avevano dimostrato ostilità contro i romani, sia della popolazione Sardo-Punica stanziata ai piedi del Monte Arci e del Monte Grighine.
Othoca ridotta al rango di civitas stipendiaria (città gravata dal pagamento del tributo) dovette guardare con favore ai moti antiromani che andavano sviluppandosi nell’area di Cornus e probabilmente di Tharros, dove più forti erano le fazioni filo-puniche, intorno al 216 a.C.
Ci furono due scontri, tra Sardo-Punici, Cartaginesi e Romani, che vennero vinti entrambi dai romani, il cui esercito era comandato da Tito Manlio Torquato.
Ad Othoca in età romana facevano capo le due principali strade della Sardegna, la litoranea occidentale (via a Tibula Sulcis: la via da Tibula - S.Teresa di Gallura a Sulci-Sant’Antioco) e la via a Turre Karales (la strada centrale da Turris Libisonis - Portotorres a Karales, corrispondente in gran parte all’o dierna statale Carlo Felice). Queste due arterie si unificavano nell’abitato di Othoca, che veniva attraversato da una strada, dotata di due parti: un ponte minore a due arcate (detto localmente pontixeddu), localizzato tra la via Giovanni XXIII e la via Fermi, ed attualmente scomparso ed il ponte maggiore, originariamente a cinque arcate per valicare, a sud di Othoca il Rio Palmas. Di questo ponte edificato in opera quadrata con blocchi di trachite di Forum Traiani, oggi non restano che l’arcata centrale ed una delle arcatelle minori.
L’ urbanistica della città romana è scarsamente nota, a parte la necropoli localizzata nella stessa area di quella fenicio-punica, gli scavi del 1990 nel sagrato della Cattedrale hanno documentato intonaci dipinti in rosso e nero e tessere bianche e nere di mosaici. È stata messa in luce nella stessa area una cabaletta (o condotto fognario) orientata in senso NE/SO, realizzata con tegole a margini rialzati con copertura "alla capuccina" (a doppio spiovente).
Il riutilizzo di colonne, basi e capitelli nella Basilica, recentemente studiati da Giuseppe Nieddu, fa pensare all’esistenza in Othoca di edifici romani di grande dignità architettonica.
In dettaglio si hanno due capitelli ionici, di cui uno dell’inizio del I secolo d.C. e l'altro della metà del II secolo d.C., quattro capitelli corinzi (rispettivamente degli inizi del II secolo d.C., dei primi tre decenni del II secolo d.C., dei primi decenni del IV secolo d.C., della prima metà del IV secolo d.C.) e tre capitelli compositi di cui uno adrianeo (117-138 d.C.), un altro della metà del II secolo d.C. e l’ultimo della metà del III secolo d.C. Tutto il territorio di Othoca risulta interessato da testimonianze romane.