Pietà de “Is Perdonanzas”
La scultura lignea conservata all’interno della cripta della Basilica di Santa Giusta porta oltre la sua bellezza ha in se il ricordo di una delle pagine di storia del nostro paese. In un periodo di forte carestia, un gruppo di ladri s’introdusse nella Basilica rubando il denaro custodito nelle casse diocesane. Il giorno successivo al furto il Vescovo di Santa Giusta lanciò una scomunica ai ladri invitandoli a restituire il maltolto. Tempo dopo, non trovando i responsabili e neanche indizi che potessero portare a un colpevole, annunciò il perdono generale attraverso una benedizione da impartire nei tre giorni che vanno dal Sabato Santo al lunedì di Pasqua. La benedizione avrebbe avuto effetto solo per coloro che nell’occasione si fossero confessati e comunicati. In tale circostanza furono individuati gli autori del furto, che giustificarono il gesto dicendo che quei denari non erano stati usati per ricchezza personale ma per sfamare la popolazione e che sarebbe stato reso. Allora il vescovo concesse il perdono generale e poco per volta il denaro trafugato venne restituito alla chiesa. Da quel tempo, ogni anno nei tre giorni della Pasqua, tantissimi fedeli provenienti delle diverse parti dell’Isola, arrivarono in pellegrinaggio alla Basilica di Santa Giusta per ricevere la benedizione e il perdono dei peccati commessi. Nell’occasione portavano doni alla chiesa e rivolgevano la loro preghiera di perdono alla statua della Pietà presente nella cripta, che da allora prese il nome de “Is Perdonanzas”. L’opera lignea del 1500 d.C. è stata restaurata nel 2005 e ricollocata nella cripta della Basilica di Santa Giusta dove è possibile ammirarla. Il tema della “Pietà”, ossia la Vergine madre che raccoglie in grembo e contempla il corpo morto del figlio, ha origini lontane. La Pietà narra il dolore della madre, non mostra lo strazio del corpo martoriato di Cristo: l’uno e l’altro sono i due estremi, la vita e la morte, riuniti insieme, raggiungono la “perfezione” divina. Si spiega così la forma che piramidale, che parte dal braccio della Madonna alle ginocchia del Cristo (la parte più larga) sale fino al vertice nella testa della Vergine. Lo spessore della scultura è abbastanza esiguo, rispetto all’altezza e alla lunghezza, questo perchè lo spettatore è costretto a percepire il gruppo statuario come un rilievo addossato ad un piano ideale di fondo dal quale emerge.
Quindi qui abbiamo esclusivamente un punto di vista frontale come del resto un’altra Pietà molto nota del 1498-1499 del grande Michelangelo anch’essa con spessore inferiore rispetto alle proporzioni della scultura e quindi un punto di vista frontale. Non è una regressione ma un altro modo di impostare il problema dell’opera d’arte. Le pieghe della veste de “Is Perdonanzas” non sono abbondanti, mettono in risalto l’anatomia del corpo sottostante della Madre. I colori della veste vanno dal turchese al giallo e un rosso pallido per il vestito tutto ciò ha lo scopo di far risaltare maggiormente, per contrasto la bellezza, la ricercatezza nell’anatomia del corpo nudo del Cristo Morto. La bellezza stà proprio nella tristezza del viso della madre che non ostante le lacrime esprime consapevolezza e rassegnazione e nel corpo del figlio adagiato sulle ginocchia della madre come addormentato.
La madre non viene rappresentata più vecchia del figlio come sarebbe dovuto essere se la scultura fosse stata realistica, ma appaiono quasi come coetanei; ciò va inteso non in senso materiale, poiché l’uomo è per natura soggetto all’invecchiamento, ma in senso morale. La verginità di Maria, la purezza della concezione divina, l’incorruttibilità spirituale, sono espresse mediante l’incorruttibilità della carne. In oltre un gesto che accomuna le due Pietà è un segno di rassegnazione creato dal sollevare leggermente la mano sinistra verso il cielo.
Un’altra scultura che reca l’effige di Santa Giusta si trova nella cripta della Basilica a lei dedicata. È una statua marmorea datata 1800, la Santa come di consueto è riconoscibile dalla sua iconografia con una foglia di palma in mano, viene rappresentata stante con lo sguardo fisso, non curante della nostra presenza, ha un’acconciatura a boccoli piuttosto elaborata, composta avvolta in sontuosi abiti Romani.